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RENATA LONDERO Università di Udine Amor aulico e amor volgare nel teatro tardosecentesco di Andrés Gil Enriquez Nel suo recente Convención y recepción. Estudios sobre el tea- tro del Siglo de Oro, Ignacio Arellano riafferma con decisione uno dei capisaldi teorici del teatro aureo, l'esistenza, cioè, di un fitto or- dito di "convenciones ordenadas según ciertos códigos, asumidos tanto por el emisor [...] como por el receptor" 1 cui tutte ìepièces sot- tostanno, con la maggiore o minore perizia riformulativa che distin- gue i drammaturghi di alto calibro da quelli di seconda fila. Senza dubbio il madrileño Andrés Gil Enriquez (1636-1673), vissuto fra la capitale e Granada al tempo di Filippo IV e Carlo II, al servizio del potente Duque de Medina de las Torres e della sua terza moglie, Catalina Vélez de Guevara, nona contessa di Oñate e Villamedia- na 2 , appartiene al vasto gruppo di commediografi di mediocre livel- lo che operarono sulla scia dei grandi maestri, sebbene il suo pur esiguo e poco originale corpus teatrale contribuisca a gettar luce sull'evolversi delle scene spagnole di fine Seicento. Autore di cinque commedie, due delle quali redatte in collaborazione 3 , di tre gustosi 1 I. Arellano, Convención y recepción. Estudios sobre el teatro del Siglo de Oro, Madrid, Gredos, 1999, p. 8. 2 Per una ricostruzione della parabola biografica e professionale dell'autore, v. l'Introduzione ad A. Gii Enriquez, No puede mentir el cielo, ed. crit. di R. Lon- dero, Viareggio, Mauro Baroni, 2000, pp. 11-36. 3 Ne riporto qui di seguito l'elenco. Di No hay prevención contra el hado rimane solo un testimone manoscritto (Biblioteca Nacional de Madrid, Mss. 17.449") mutilo (contiene la prima jornada), sul cui primo foglio appare la scritta: "La estrenó la compañía de José de Prado el año de 1660". Tuttavia, nessun dato sulla prima risulta dai repertori di John E. Varey e Norman D. Shergold. La se-

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RENATA LONDEROUniversità di Udine

Amor aulico e amor volgarenel teatro tardosecentesco di Andrés Gil Enriquez

Nel suo recente Convención y recepción. Estudios sobre el tea-tro del Siglo de Oro, Ignacio Arellano riafferma con decisione unodei capisaldi teorici del teatro aureo, l'esistenza, cioè, di un fitto or-dito di "convenciones ordenadas según ciertos códigos, asumidostanto por el emisor [...] como por el receptor"1 cui tutte ìepièces sot-tostanno, con la maggiore o minore perizia riformulativa che distin-gue i drammaturghi di alto calibro da quelli di seconda fila. Senzadubbio il madrileño Andrés Gil Enriquez (1636-1673), vissuto fra lacapitale e Granada al tempo di Filippo IV e Carlo II, al servizio delpotente Duque de Medina de las Torres e della sua terza moglie,Catalina Vélez de Guevara, nona contessa di Oñate e Villamedia-na2, appartiene al vasto gruppo di commediografi di mediocre livel-lo che operarono sulla scia dei grandi maestri, sebbene il suo puresiguo e poco originale corpus teatrale contribuisca a gettar lucesull'evolversi delle scene spagnole di fine Seicento. Autore di cinquecommedie, due delle quali redatte in collaborazione3, di tre gustosi

1 I. Arellano, Convención y recepción. Estudios sobre el teatro del Siglo deOro, Madrid, Gredos, 1999, p. 8.

2 Per una ricostruzione della parabola biografica e professionale dell'autore,v. l'Introduzione ad A. Gii Enriquez, No puede mentir el cielo, ed. crit. di R. Lon-dero, Viareggio, Mauro Baroni, 2000, pp. 11-36.

3 Ne riporto qui di seguito l'elenco. Di No hay prevención contra el hadorimane solo un testimone manoscritto (Biblioteca Nacional de Madrid, Mss.17.449") mutilo (contiene la prima jornada), sul cui primo foglio appare la scritta:"La estrenó la compañía de José de Prado el año de 1660". Tuttavia, nessun datosulla prima risulta dai repertori di John E. Varey e Norman D. Shergold. La se-

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entremeses4 e di due loas in lode di Catalina de Guevara5, composti

conda commedia è Vida, muerte y colocación de San Isidro, "de seis ingenios", dicui è pervenuto un testimone manoscritto, autografo, datato 1669 (III jornada, e.37v), custodito nella Biblioteca dell'Institut del Teatre di Barcellona, Vitr. A. Est.5 (4). Sul frontespizio si legge: "Para la compañía de Antonio de Escamilla", autorde comedias cordovese (vero nome: Antonio Vázquez) che operò nei corrales spa-gnoli nella seconda metà del Seicento (v. J. E. Varey - N. D. Shergold, Fuentes pa-ra la historia del teatro en España, II. Genealogía, origen y noticias de los come-diantes de España, London, Tamesis Books, 1985, pp. 131 e 421): sulla messin-scena di questa pièce, però, mancano notizie. La prima jornada è composta da Pe-dro Francisco Lanini Sagredo (cc. lr-7r) e da Gii Enriquez (cc. 7r-15v), la seconda èdi Francisco de Villegas e Juan Bautista Diamante, mentre hanno scritto la terzaJuan Matos Fragoso e Francisco de Avellaneda. Seguono poi El lazo, banda y re-trato -stampata nella Parte XXXIV de Comedias nuevas de los mejores ingenios deEspaña (Madrid, José Fernández de Buendía, 1670, pp. 1-36)-, ed El vaqueroemperador y Gran Tamorlán de Persia (Parte XXXIX de Comedias nuevas de losmejores ingenios de España, Madrid, José Fernández de Buendía, 1673, pp. 192-237), redatta a sei mani da Juan Matos Fragoso, Juan Bautista Diamante e GilEnriquez. Di quest'ultima commedia si sono conservati anche tre testimoni mano-scritti: uno presente nella Biblioteca Nacional madrileña (Ms Res 129), con cen-suras del 1672 a firma di Francisco de Avellaneda e Fermín de Sarasa y Arce; ilsecondo nella Biblioteca Municipal di Madrid (Tea 1-32-5, B), il terzo nell'Institutdel Teatre (Mss. 82.643). Sia la prima che la seconda jornada sono autografe, manella terza manca la firma di Gii Enriquez. Infine, No puede mentir el cielo è tra-mandata da due testimoni manoscritti: uno è conservato nella Collezione CC*IV.28033 (Comedias de diferentes autores) della Biblioteca Palatina di Parma (voi. 68,XI; copia del 1684, ad opera di un certo Juan de España); l'altro (dalla grafia sette-centesca) è presente alla Biblioteca Nacional di Madrid (Mss. 15242), ma attribui-to ad Agustín Moreto, come recita il titolo stesso. Sulla controversa paternità dellacommedia, che ritengo essere di Gii Enriquez, v. l'Introduzione alla mia succitataedizione (pp. 36-42).

4 Essi sono YEntremés del amigo verdadero (edito in Primera parte del Par-naso nuevo y amenidades del gusto; en veinte y ocho entremeses, bailes, y saínetes,Madrid, Andrés García de la Iglesia, 1670, pp. 33-40; e in seguito nella Floresta deentremeses, y rasgos del ocio, a diferentes asuntos, de bailes, y mojigangas, Madrid,Viuda de José Fernández Buendía, 1680, pp. 26-34); YEntremés del sordo (inseritoin un volumetto miscellaneo stampato a Madrid, da Andrés García de la Iglesia,nel 1659, cc. 57r-60v); e YEntremés del ensayo (Ociosidad entretenida en variosentremeses, bailes, loas y jácaras, Madrid, Andrés García de la Iglesia, 1668, cc.91v-96r), in passato confuso con un omonimo entremés di Francisco de Leiva (permaggiori dettagli, v. A. Gil Enriquez, No puede mentir el cielo, ed. cit., Introdu-zione, p. 35, nota 89).

5 Eccone i dati bibliografici: Loa en fiesta de la celebración del nombre de miseñora la Duquesa de Medina de las Torres, Condesa de Oñate, en el día de Santa

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e stampati fra il 1659 e il 1673 -ma sulla cui messinscena non sihanno notizie-, Gii Enriquez si inserisce certamente, senza scartiinnovativi di rilievo, nell'alveo di consuetudini tematiche e rappre-sentative vulgate, ma con qualche felice scelta nel maneggio dell'in-trigo e nella previsione dei suoi esiti scenici.

Le pièces maggiori del nostro, se si eccettua la commedia agio-grafica Vida, muerte y colocación de San Isidro, rientrano nel ge-nere palatino: infatti, in No hay prevención contra el hado, El lazo,banda y retrato e No puede mentir el cielo, oltre che nel terzo attode El vaquero emperador y Gran Tamorlán de Persia6, la trama sisviluppa su due piani paralleli, è ambientata in contesti esotici eappannaggio di protagonisti nobili (di lignaggio e/o di natura), es'incentra sul contrasto fra sovrani indegni e virtuosi vassalli, sulladialettica libero arbitrio/decreto astrale, sul conflitto che oppone laragion di stato ai moti del cuore, nonché su occultamenti e scambidi identità, tutti risolti nell'immancabile lieto fine.

Quanto alla costante tematica dell'amore, fondamentale nelteatro barocco, essa costituisce l'asse portante dell'azione pure inGii Enriquez, affiancandosi sempre alla componente dinastica ebellica, in simmetrico o antitetico connubio. In aderenza agli sche-mi di funzionamento della trama amorosa, vigenti (con tutte le va-riazioni del caso) da Lope a Mira de Amescua, da Tirso a Calderón,il legame sentimentale che unisce il galán e la dama principali è dicontinuo tormentato e osteggiato, e si rispecchia, su scala minore,negli amori di maniera vissuti dalla coppia secondaria, deuterago-nista o antagonista.

In effetti, secondo regole di comportamento alquanto stereoti-pe, gli amanti protagonisti devono superare la ferrea opposizionedel padre della fanciulla, monarca tirannico e sleale, che per la pro-

Catalina; Otra loa a la señora Duquesa de Medina de las Torres al mismo asuntoen el año siguiente (entrambe uscirono nel Ramillete de sainetes escogidos de losmejores ingenios de España, Zaragoza, Diego Dormer, 1672, ai nn. 15 e 16).

6 Per un'analisi più circostanziata di questa pièce, di cui Gii Enriquez redas-se la terza jornada, v. R. Londero, Tamerlano sulla scena spagnola di fine Seicento:"El vaquero emperador y Gran Tamorlán de Persia" di J. Matos Fragoso, J.B.Diamante e A. Gii Enriquez, in AA. W. , Studi offerti ad Alexandru Niculescu dagliamici e allievi di Udine, S. Vatteroni (ed.), Udine, Forum, 2001, pp. 119-132.

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pria figlia ha già previsto nozze di puro tornaconto politico. In Nohay prevención contra el hado, l'infanta ateniese Aminta deve an-dare in sposa, contro la propria volontà, al principe di Antiochia,Seleuco, alleato di suo padre; né le è concesso di ricambiare l'amoredel prode Leoncio, il cui paese è in guerra con Atene. E ancora, inEl lazo, banda y retrato, la principessa svedese Amatilde rifuggedal matrimonio che il padre le ha fissato con Federico, principe diDanimarca, perché innamorata di Lisberto di Polonia, a sua voltain guerra contro la Svezia: le giuste nozze dei due protagonisti sipotranno celebrare solo dopo l'agnizione conclusiva, quando si sco-prirà che il giovane non è figlio della regina polacca Clávela, madella sua dama di compagnia Flora, e quindi non costituisce più unpericolo per il regno svedese. Infine, nella commedia più godibile emeglio congegnata del nostro, No puede mentir el cielo, refundicióndella lopiana Dios hace reyes7, la bella e altera Clorinda, figlia del-l'imperatore tedesco Corrado II il Salico, rifiuta le profferte delcortigiano Astolfo, impostole dal padre, per corrispondere alla pas-sione di Enrico, amante perfetto e intrepido luogotenente di Conra-do, nonché figlio ignaro (fino al desenlace) del conte Leopoldo, co-stretto a una vita esule e selvaggia per contrasti politici e personalicon Conrado.

Alla figura del dispotico re-padre si può anche sostituire -ser-bandone il ruolo— l'avversario crudele, fedifrago e lascivo del prota-gonista maschile: così accade in Vida, muerte y colocación de SanIsidro, dove il moro Tarif si dilunga in amorosi elogi della moglieJarifa, salvo poi insidiare con focose proposte (ma invano) la virtùdella mozárabe Elvira, amata di Fernando, esemplare vassallo diAlfonso VI, sotto le mura della Madrid mora cinta d'assedio dai cri-stiani. E in El vaquero emperador, Tamerlano, villano onorato, im-pareggiabile condottiero e amante fedelissimo, si contrappone(sconfiggendolo al termine della pièce, come nella realtà storica) alsultano turco Bayaceto, marito volubile di Rosa, e invaghito dellapromessa sposa di Tamerlano, Ismenia, che egli fa prigioniera, ma

7 Cfr. R. Londero, Un refundidor de Lope hacia el ocaso del XVII: "No puedementir el cielo", de Andrés Gil Enriquez (1636-1673), ante "Dios hace reyes", in"Anuario Lope de Vega" (Barcelona), V, 1999, pp. 139-149.

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che poi Tamerlano accorrerà a liberare, in una concitata scena delterzo atto, preludio alla definitiva capitolazione di Bayaceto.

Nel solco della tipizzata commistione di armi e amori sui pal-coscenici aurei, inoltre, Gii Enriquez insiste su una caratterizzazio-ne psicologica fissa dei suoi personaggi: la giovane protagonista nonsi allontana mai dal cliché della mujer varonil, amante appassio-nata e guerriera ardimentosa in battaglia -come la Ismenia del Va-quero emperador, la Jarifa di Vida, muerte y colocación de San Isi-dro, e l'Amatilde del Lazo, banda y retrato-, oppure impegnata inpericolose battute di caccia, come Aminta in No hay prevencióncontra el hado, e la Clorinda di No puede mentir el cielo, nella scenadel confronto con il cinghiale (I atto), che non a caso precede ilprimo trepidante incontro dei due innamorati nel bosco, luogo piùche mai adatto all'espressione della sincerità dei sentimenti nelteatro secentesco ispanico. Paramenti, il galán viene sovente pre-sentato, oltre che a colloquio d'amore con la dama-amazzone, inmovimentati contesti bellici dove emerge appieno il suo valore mili-tare: numerose, per esempio, sono le scene di No puede mentir elcielo (II e III atto) dedicate alla campagna di Conrado in Italia, alcui centro campeggiano il coraggio e l'abilità di comando di Enrico.Il trionfo in battaglia, poi, combacia con il felice ricongiungersi de-gli amanti: così avviene a Elvira e Fernando di fronte alla Madridriconquistata in Vida, muerte y colocación de San Isidro, oppure aTamorlàn e Ismenia {El vaquero emperador), sposi novelli e vitto-riosi su Bayaceto incarcerato.

Sul piano verbale, la fusione dell'elemento amatorio con quel-lo bellico si riverbera negli abituali moduli espressivi cancionerilessfruttati nei soliloqui del galán o nei suoi dialoghi con la dama,tanto spesso costruiti attorno all'idea della psicomachia. In parti-colare, in Gii Enriquez il cerebrale ragionare sulla sofferenza d'a-more si spinge all'eccesso, sfociando in contorti intrecci metaforico-iperbolici, disseminati di iterazioni e parallelismi antitetici. Dalconvenzionale incontro ossimorico tra gelo e ardore nelle parole diLisberto innamorato di Amatilde {El lazo, banda y retrato), si passaalla capziosità con cui l'Enrico di No puede mentir el cielo tratteg-gia il proprio servizio d'amore a Clorinda, alludendo, di passaggio,

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al fortunato estribillo manriquiano "Sin Dios y sin vos y mí":

Lisberto En la lid que me desvelahallo un mal que al alma pasa,y en un hielo que me abrasa,un incendio que me hiela.(El lazo, banda y retrato, I jornada, p. 7)8;

Enrico Sin mí fuera vano intentoel haber salido aquí,siendo acción mía, y asífue atención el ocultarme,cuando llegaba a mirarmeen vos, con ella, y sin mí.(No puede mentirei cielo, 1 jornada, w . 751-756)9.

Ancor più causidici e ipergongorini risultano, infine, i parla-menti amorosi in cui si dilungano i galanes secondari, falsi uominidi corte, emblematici del mondo di sotterfugi in cui si muovono, co-me il Bayaceto del Vaquero emperador, o l'Astolfo di No puede men-tir el cielo, il manierato pretendente di Clorinda che finisce per spo-sare Fenicia, cugina della principessa.

Su linee concettuali e formali di stampo petrarchista si fonda,ovviamente, anche la commedia più imperniata sul filone tematicoaulico-amoroso (e anche più spettacolare) di Gii Enriquez, El lazo,banda y retrato. Qui l'azione, quasi esclusivamente dedicata alleperipezie dei due amanti Amatilde e Lisberto (cui fa da corollario lavicenda di Lucinda, invano infatuata di quest'ultimo), ruota attornoa due motivi iconici molto ricorrenti sulle scene spagnole del Sei-cento, il ritratto e la fusciacca (o il nastro). Pegni d'amore, simbolidella distanza fra amante e amata, suscitatori di equivoci e scambidi identità, essi assolvono, altresì, all'importante funzione di sotto-

8 Le citazioni da El lazo, banda y retrato sono tratte dalla menzionata ParteXXXIVde Comedias nuevas..., 1670. La grafia è modernizzata, e la punteggiaturaè interpretativa.

9 A. Gii Enriquez, No puede mentir el cielo, ed. cit., p. 85.

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lineare quel sovrapporsi e confondersi di realtà e finzione, ser e pa-recer, che sostanzia il discorso teatrale barocco10.

Vediamo ora, più in dettaglio, come Gii Enriquez, non senzaefficaci trovate sceniche, sfrutta il materiale tematico 'preconfezio-nato' che ha a disposizione. "Testimonianza simultanea dell'[...] as-senza e della [...] presenza" dell'amante11, anche qui l'effigie, po-tente sostituto evocatore del suo modello reale, raggiungibile solo altermine della pièce, si perde e si ritrova fortuitamente, scatenandouna serie di incroci di persona e malintesi ben adatti a questa cine-tica commedia degli inganni. Già in apertura, Lucinda, accesa dinon corrisposta passione per Lisberto, significativamente smarrisceil ritratto dell'amato, come segnala la didascalia ("se le cae un re-trato", 1 jornada, p. 8); guarda caso, esso è subito raccolto da Lis-berto e diviene oggetto dei lazzi del gracioso Chocolate: "Pero ya tudesagrado/tan otra la transformó/que desde este día no/te puedever, ni aun pintado" (ibidem). Poi le cose cominciano a ingarbu-gliarsi, e il triangolo amoroso a profilarsi: Lisberto spiega a Choco-late le ragioni del proprio soffrire (pp. 5-12), narrandogli di essersi

10 Dall'estesa bibliografia critica sul valore concettuale e scenico del ritrattonel teatro barocco spagnolo, traggo solo tre significativi contributi recenti: E. Ro-dríguez - A. Tordera, "Espejo o retrato o ventana: la epifanía barroca de la ima-gen", in ID., Escritura y palacio. El Toreador de Calderón, Kassel, Reichenberger,1985, pp. 49-65; R. Walthaus, Pintar en palabras. Ekphrasis y retrato en algunasobras calderonianas, in AA. W. , Siglo de Oro. Actas del TV Congreso Internacionalde A.I.S.O. (Alcalá de Henares, 22-27 luglio 1996), M. C. García de Enterría - A.Cordón Mesa (eds.), Universidad de Alcalá, Servicio de Publicaciones, 1998, t. II,pp. 1661-1670; M. T. Cattaneo, Amare in effigie: Un tema di El mayor monstruodel mundo di Calderón de la Barca, in AA. W. , Dal testo alla scena, Atti del Con-vegno di Studi "Drammaturgia e spettacolarità nel teatro iberico dei Secoli d'Oro"(Napoli, 22-24 aprile 1999), G. B. De Cesare (ed.), Salerno, Edizioni del Paguro,2000, pp. 249-260. Per il forte ruolo simbolico dell'abbigliamento sulle scenesecentesche ispaniche, v. almeno J. E. Varey, "La indumentaria en el teatro deCalderón", in ID., Cosmovisión y escenografía: El teatro español en el Siglo de Oro,Madrid, Castalia, 1987, pp. 263-272; e J. Navarro de Zuvillaga, De la tapada aldesnudo (El vestuario como signo escénico en el teatro español), in AA. W. , Entorno al teatro del Siglo de Oro, Actas de las jornadas XII-XIII de Almería, J.Berbel - H. Castellón - A. Orejudo - A. Serrano (eds.), Almería, Instituto deEstudios Almerienses, 1996, pp. 123-146.

11 M. Bettini, II ritratto dell'amante, Torino, Einaudi, 1992, p. 8.

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perdutamente innamorato di Amatilde, intravista in compagnia dialtre fanciulle durante una battuta di caccia, e di aver trovato nelbosco un "lazo verde" (p. 10) -reminiscenza del "listón de esperan-za" (I jornada, v. 799) del Caballero de Olmedo lopiano12-, accantoa una "banda", dopo che la giovane si era allontanata. Il raccontoprosegue. Indossata la fascia femminile, Lisberto si reca a un saraoalla corte svedese, dove allaccia il "lazo" al vestito di una dama ma-scherata, che presto si scopre essere Amatilde: il rituale indumen-tar-simbolico non può non dare l'abbrivo al divampare della passio-ne tra i due.

A questo punto, s'inserisce nella trama la presenza -centralenella pièce- della magia, tema associato a quello dell'amore conmolta frequenza, per esempio nelle commedie cavalieresche e mi-tologiche di Calderón. Sulla scia, appunto, del trittico metaforicocalderoniano hermosura-amor-encanto, Gil Enriquez sottopone isuoi personaggi agli ingannevoli ammaliamenti dell'incantesimod'amore, confezionati dalla maga Ursidia, che lungo il secondo e ilterzo atto agisce da trait d'union fra Amatilde e Lisberto sulla suaincantata "Isla de las Sirenas" (posta tra Svezia e Polonia) a cui aturno giungono, irresistibilmente attratti, prima Lisberto (II jorna-da), poi Amatilde (III jornada). Così, Ursidia esorta Lisberto a lan-ciarsi alla conquista della giovane (II atto, pp. 15-17), e presiede alcomplicato scambio dei ritratti, ai quali dama e galán si rivolgonoin accorati soliloqui che mettono in risalto la separazione coatta deidue giovani (v. il colloquio di Amatilde con la propria immagine, IIjornada, p. 20; o le parole di Lisberto di fronte all'effigie dell'amata,III jornada, p. 31).

Con un'abile gestione dell'aspetto scenico, evidenziata dalledettagliate didascalie, si fanno incrociare due ritratti, quello che ri-produce Amatilde, e quello, raffigurante Lisberto, smarrito da Lu-cinda, sul cui dorso il giovane ha dipinto il volto di Amatilde. Nellaseconda jornada, infatti, Lisberto sottrae alla dormiente Amatildel'effigie di lei, per rimpiazzarla con il proprio ritratto, ma esso poi

12 Lope de Vega, El caballero de Olmedo, ed. crit. di M. G. Profeti, Madrid,Alhambra, 1981, p. 89.

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finisce in mano a Federico, il promesso danese della fanciulla, chene scopre infuriato la doppia faccia.

Oltretutto, il gioco di errori e di rimandi fra ver e oír -rimar-cati dagli interventi "al paño" degli amanti, invisibili ma udibili, ele cui voci paiono provenire dalle effigi-, è ulteriormente esaltatoattraverso l'uso di un altro oggetto dalla grande potenzialità spet-tacolare, lo specchio, che, come il ritratto, rinvia al problematicorapporto fra mimesi, verosimiglianza e illusorietà percettiva, insitonell'immagine sia pittorica che speculare. In più, gli specchi di cuiUrsidia si serve sono, naturalmente, magici: essi permettono, anco-ra una volta, di vedere e ascoltare senza essere né visti né ascoltati.Ed è proprio grazie ad essi che l'amore fra i due protagonisti puòfinalmente trionfare. Nel secondo atto, da una labirintica "sala deespejos" Lisberto segue l'arrivo in Svezia di Lucinda, desiderosa discontrarsi con l'odiata Amatilde (p. 18), ma si tranquillizza quandoosserva quanto recisamente la sua amata respinge Federico; e infi-ne, ancora da uno specchio incantato (III jornada), Amatilde assi-ste all'appassionata confessione che Lisberto fa dei propri senti-menti davanti al ritratto di lei.

In un testo tanto 'teatrale', nell'accezione che darebbe al ter-mine Emilio Orozco Díaz13, come El lazo, banda y retrato, spicca,poi, a livello della messinscena, l'importanza assunta dagli stacchimusicali, che in Gii Enriquez, secondo un costume assai diffuso nelteatro tardosecentesco, sono funzionali proprio alla trama amorosa:non è affatto casuale, inoltre, che tutti i cospicui e lunghi momentimusicati della pièce combacino con gli interventi allettanti ed emo-tivamente conturbanti della maga-pronuba.

L'emotività sollecitata nel pubblico dall'accompagnamentomusicale si sprigiona pure in un ambito, quello ludico, nel quale GiiEnriquez sfodera forse le sue doti migliori: mi riferisco alle esila-ranti scenette in cui il servo Chocolate scimmiotta lo struggersi delsuo padrone con parodici controcanti (in El lazo, banda y retrato),oppure ai vivaci scambi di battute che rimbalzano da criado a cria-

13 El teatro y la teatralidad del barroco. Ensayo de introducción al tema,Barcelona, Planeta, 1969.

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da nelle altre commedie del nostro. Eccone un esempio, tratto da Elvaquero emperador, dove il battibecco fra Turbante e Zaida si basasul motivo dell'amore mercenario:

Turbante

IsmeniaTurbanteZaidaTurbanteZaidaTurbante

Zaida

Soy príncipe aventurero,y enamoro en el jardín.¿A quién?

A la flor del berro.Siempre anda a esa flor Turbante.Por ser la tuya la quiero.¿La mía? ¿En qué la has hallado?En un arrebatamientoque hiciste hacia una cadena,que hasta ahora no me has vuelto.Siendo la cadena de oro,volvértela fuera yerro(III jornada, p. 231)".

E in effetti, fra le opere teatrali di questo drammaturgo-epi-gono quelle che hanno riscosso una -seppur minima- fortuna criti-ca sono state proprio gli entremeses, pervasi di scanzonato spiritocomico e di spunti metateatrali, spesso a suon di musica. Poggiandosugli elementari motori della risata entremesil, le burle, le busse, lecorna e la cupidigia di denaro15, Gii Enriquez si prende gioco dell'a-mor aulico nélì'Entremés del sordo e nell1Entremés del amigo verda-dero. Il merito più notevole del primo consiste nel ribaltare ironi-camente i presupposti contenutistici ed espressivi dell'amore can-cioneril e petrarchista di cui sono intrisi i dialoghi delle commedie,incastonandoli in un contesto volgare, cioè le scaramucce verbali (enon solo) fra due coppie di amanti hampescos, Juana e Barrientos,Perucho e Catania, dominati dalla fame di guadagno.

" Cito dalla Parte XXXIX de Comedias nuevas..., 1673, cit., modernizzandola grafia e adottando una punteggiatura interpretativa.

15 Cfr., fra i più completi lavori recenti, M. J. Martínez López, El entremés:radiografía de un género, Toulouse, Università de Toulouse - Presses Universitai-res du Mirail, 1997, passim.

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Amor aulico e amor volgare nel teatro tardosecentesco di Andrés Gil Enriquez 233

Ancor più grossolani e risibili appaiono i protagonisti déll'En-tremés del amigo verdadero, rivisitazione burlesca del Curioso im-pertinente. Sulla falsariga del modello cervantino, Gil Enriquez neripercorre due punti diegetici nodali: la richiesta che Anselmo fa aLotario di mettere alla prova la virtù di Camila (Don Quijote, I, 33),e la pantomima fra Camila, Leonela e Lotario davanti ad Anselmonascosto nel guardaroba (Don Quijote, I, 34). Qui, lo sciocco villanoRodrigo incarica l'amico Martin -amante, a insaputa dello zoticone,di sua moglie Inés- di tenergliela d'occhio, raccomandandogli: "si laencontráis en pasos malos/castigalda, Martín, dalda de palos" (p.35)16. E dopo che Rodrigo, testimone "al paño" delle smancerie fraInés e il suo ganzo, esce allo scoperto minacciandoli di morte in no-me dell' "honor" (p. 37), s'innesca la beffa architettata dagli amanti:la moglie lo fa travestire da lei stessa facendogli credere che cosìpotrà smascherare Martin, il quale, invece, gli scarica addosso unaraffica di botte, fingendo di averlo preso per la "liviana" Inés. Lachiusa musicata e ballata suggella la tresca truffaldina e lascia Ro-drigo cornuto e bastonato a crogiolarsi nella sua apparente beati-tudine coniugale.

Entro l'impalcatura strutturale del genere entremesil, pertan-to, Gii Enriquez irride alle formule rappresentative dell'amore cheha rispettato nelle pièces più ampie, dimostrando quel gusto per lametariflessione e per la riscrittura delle opere altrui, tipico dellescene spagnole sul finire del Seicento, e, più in generale, di ogniespressione letteraria al tramonto di un'epoca.

vo..., 1670.

16 La citazione proviene dalla menzionata Primera parie del Parnaso nue-fi7f)

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