BELEN DI COMPOSTELA BELÉN DE COMPOSTELA O … · 2016. 3. 28. · padres y abuelos, pecado contra...
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BELEN DI COMPOSTELA
O COMPONTIGLIELE
COME PUOI, BELEN
Non scrivo per chi mi sfugge, né per chi mi
dice che “se io sono un genio”, o che “io ho la mia
verità e lui la sua”, o che se “tengo sempre qualcosa
a insegnare”, o mi minaccia con un “fa attenzione!”,
e meno per chi, rivestito di autorità, viene, quando
meno poso aspettarlo, e mi colpisce il naso, una cosa
per la quale io non sono autorizzato in senso inverso,
poiché non sono Vescovo né Cardinale. Quanto
scrivo, sia per coloro con chi posso dialogare e
scherzare in piano di uguaglianza e senza paura a
soprassalti. Ebbene, questo è il mio discorso di oggi:
Da alcuni anni fa, i Papi della Santa
Madre Chiesa hanno presso l’abitudine di
domandare perdono per tanti peccati
commessi e, alla fine, perfino si
colpiscono il petto per quelli degli spagnoli
nelle Americhe.
Molto bene, ma
sebbene il carro segua la sua
marcia, da tutti trascinato e
tutti travolgendo, alzerò la
mia voce in un grido anti
ideologico di ATTENZIONE!
Perché anche si
potrebbe aspettare che un
giorno domandino perdono
per i peccati della Chiesa
Romana contro la Spagna
e gli spagnoli; ad esempio,
e senza uscire della
tematica già trattata da
tempo: Quel di avere
rubato a noi il nostro “Rito Ispanico” a spese de
Romano; quel di avere spronato a vescovi e re
della Spagna alla intransigenza di fronte ai
giudei e agli “eterodossi”; quel di associarsi a
chi vogliono “latinizzare” L’Ispanoamerica, dopo
averle dato la Spagna il maggiore nume di figli,
che pregano in spagnolo. E sull’argomento del
nostro titolo, quel di farci dimenticare il nostro
“Antico Testamento” spagnolo, che è qualcosa
simile ad avere assassinato ai nostri padri e
noni, un peccato contro il 7º, l’ 8º, il 5º e il 4º
comandamento.
BELÉN DE COMPOSTELA
O COMPÓNTELAS COMO
PUEDAS, BELÉN
No escribo para quien me huye, ni para quien
me dice que “si soy un genio”, o que “yo tengo mi
verdad y él la suya”, o que si “tengo siempre algo
que enseñar”, o me amenaza con un “¡ten cuidado!”,
y menos para quien, revestido de autoridad, cuando
menos lo espero, viene y me rompe las narices, algo
para lo que yo no estoy autorizado en sentido
inverso, pues no soy obispo ni cardenal. Cuanto
escribo, sea para aquellos con quienes puedo
dialogar y bromear en plano de igualdad y sin miedo
a sobresaltos. Pues bien, éste es mi discurso de hoy:
De unos años a esta parte, los
Papas de la Santa Madre Iglesia han
cogido la costumbre de pedir perdón por
tantos pecados cometidos y, al cabo,
hasta se dan golpes de pecho por los de
los españoles en las Américas.
Pues muy bien,
pero, aunque el carro siga
su marcha, por todos
arrastrado y a todos
arrollando, alzaré mi
vocecita en un grito anti
ideológico de ¡ATENCIÓN!
Porque también
cabría esperar que un día
pidan perdón por los
pecados que la Iglesia
Romana ha cometido contra
España y los españoles; por
ejemplo, y sin salirnos de
asuntos ya tratados: El de
habernos robado nuestro “Rito Hispánico” a
costa del Romano; el de haber instado a los
obispos y reyes de España a la intransigencia
frente a judíos y “heterodoxos”; el de sumarse
a la “latinización” de Hispanoamérica, tras
haberle dado España el mayor número de hijos,
que rezan en español. Y en relación al tema de
nuestro título, el de habernos hecho olvidar
nuestro “Antiguo Testamento” español, que es
algo así como haber asesinado a nuestros
padres y abuelos, pecado contra el 7º, el 8º, el
5º y el 4º mandamiento.
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E come sul furto e la bugia già ho parlato
in altri fori, mi spiegherò trattando di
presentare il corpo del delitto sull’ultimo
riferimento. Vediamo:
Per semplice inerzia storica e
senza saperlo, con soltanto la “vieira”
precettiva, i pellegrino cha fanno il
Camino de Santiago danno fede di un
fatto dimenticato che affonda le sue
radici storiche nella notte dei tempi.
Qual è questo fatto?
Ebbene, quel che la storia della nostra
specie -e quella della Spagna- ebbe il suo
Belén, o Presepio, nell’Oceano, proprio nella
regione cantabrica, al Nord della Penisola
Ispanica. Là incominciò il nostro percorso
I nostri antenati più remoti sapevano che
in quel luogo era nata “la vita”, fatto per il
quale, da decine, se non centine di miliardi di
anni, dei vecchi, paralizzati e acciaccosi
andavano in pellegrinaggio per morire, con la
speranza di resuscitare.
Chi sa queste cose?
Quattro gatti: Colui che lo
scoprì; io che l’ho imparato e tratto
d’insegnarlo; tu, lettore che mi
leggerai, e qualcun altro che per caso si trova
con esso. Gravissimo peccato quel di coloro che
vollero sotterrarlo per sempre! E anche quel di
coloro che non vogliono accorgersi di esso.
Sulla convinzione
che la vita era nata nel
riferito alluso, si fa eco
la mitologia greco-latina
quando fa sorgere la
mitica Afrodita=Venus
dalle acque dell’Oceano,
entro una barnagla,
conchiglia o “venera”,
frutto del seme del Astro
Re e la spiuma >
sperma marina, cosa che
gli indù dicono di Laksmì, consorte di Vishnù. È
per questo che, benché nemmeno i pellegrini lo
sappiano, la vieira continua a essere precettiva
nel “Camino di Santiago” e, con un po’
d’immaginazione, perfino possiamo vedere la
mitica Venus nella figura dell’apostolo.
Y como sobre el robo y la mentira ya he
hablado en otros foros, me explicaré tratando
de presentar el cuerpo del delito sobre la última
referencia. Veamos:
Por simple inercia histórica y
sin saberlo, con sólo la “vieira”
preceptiva, los peregrinos que hacen
el Camino de Santiago dan fe de un
hecho olvidado que hunde sus raíces
históricas en la noche de los
tiempos. ¿Cuál es este hecho?
Pues el de que la historia de nuestra
especie -y la de España- tuvo su Belén, o
Nacimiento, en el Océano, justo en la zona
cantábrica, al norte de la Península Hispánica.
Allí empezó nuestra andadura.
Nuestros antepasados más remotos
sabían que en tal lugar había nacido “la vida”,
por lo que, desde hace decenas de millares de
años, si no centenas, viejos, impedidos y
achacosos iban en peregrinación para morir,
con la esperanza de resucitar.
¿Quién sabe estas cosas?
Cuatro gatos: El que lo
descubrió; yo que lo aprendí y trato
de enseñarlo; tú, lector que me leerás,
y algún otro que por casualidad se topa con
ello. ¡Gravísimo pecado el de quienes quisieron
enterrárnoslo para siempre! Y también el de
quienes no quieren enterarse de ello.
Sobre la convicción
de que la vida había
nacido en el lugar
aludido, se hace eco la
mitología greco-latina
cuando hace surgir a la
mítica Afrodita=Venus de
las aguas del Océano,
dentro de una barnagla,
concha o vénera, fruto
del semen del Astro Rey
y la espuma > esperma marina,
algo que los hindúes dicen de Laksmí, consorte
de Vishnú. Por eso, aunque ni siquiera los
peregrinos lo sepan, la vieira sigue siendo
preceptiva en el camino de Santiago y, con un
poco de imaginación, hasta podemos ver a la
mítica Venus en la figura del apóstol.
3
Suona questo a pagano?
Ebbene, da queste acque veniamo ed io
non posso rimediarlo. E se questo fosse così
cattivo, peggio è mettersi a giudice per lasciarci
nell’ignoranza. In ogni modo, e a dispetto gli
inquisitori, buono è trattare d’illustrare.
Benché anche ci si è nascosto, fino a 900
anni fa, il “Camino de Santiago” non conduceva
al Compostela di Galizia, ma a un altro
moltissimo più antico e un po’ più vicino, il
“Campo-Astella”, intorno ai “Pichi dell’Europa”,
Asturias, e che, a sua volta, evocava il
primigenio Campo dove si supponeva che era
caduto il seme dell’Astro (o il latte della Stella)
solare generatore della vita e dell’umanità.
Raggiungere quella meta legittimava i pellegrini
come “Figli di Dio”.
Questa nostra
affermazione viene
garantita, tra altre
cose, per la relazione
semantica Astro >
Astella > Asturias,
insieme alla tradizione
sulla tomba di
Sant’Yago che fu
trovata da un eremita chiamato Pelagio >
Pelayo là dove si era fermato un Astro o Stella
(in singolare). Ed è curioso che suo nome,
Pelayo, coincida con quel del mitico re che
aveva incominciato la Riconquista in Asturias.
Poiché saputa la tradizionale nemicizia tra
asturiani, cantabrici e vasconi e i visigotici,
soltanto la posteriore leggenda poteva fare Re
di Asturias un Pelayo visigotico. Annotiamo che
Pelayo, come padre delle Pleiade o delle stelle
della costellazione così chiamata, è un altro
nome del gigante Atlas, e qui abbiamo un altro
mitico personaggio de pura radice spagnola.
Dall’altra
parte, la Stella
Solare è quella
che creò il mondo
e diede origine alla
vita, secondo la
credenza dei nostri
antenati più
lontani, in un luogo
molto concreto.
¿Que esto suena a pagano?
Pues de estas aguas venimos y yo no lo
puedo remediar. Y si esto fuera tan malo, peor
es meterse a juez para dejarnos en la
ignorancia. De cualquier modo, y a despecho
de los inquisidores, bueno es tratar de ilustrar.
Aunque también se nos ha escondido,
hasta hace 900 años, el Camino de Santiago no
conducía al Compostela de Galicia, sino a otro
muchísimo más antiguo y algo más cercano, al
“Campo-Astella”, en torno a los Picos de
Europa, Asturias, que, a su vez, evocaba el
primigenio Campo donde se suponía que había
caído el semen del Astro (o la leche de la
Estrella) solar generador de la vida y de la
humanidad. Alcanzar aquella meta legitimaba a
los peregrinos como “Hijos de Dios”.
Nuestra afirmación viene avalada, entre
otras cosas, por la relación semántica Astro >
Astella > Asturias, junto con la tradición de que
la tumba de Sant’Yago la encontró el ermitaño
Pelagio > Pelayo allí donde se detuvo un Astro
o Estrella (en singular). Y es curioso que su
nombre, Pelayo, coincida con el del mítico Rey
que había empezado la Reconquista en
Asturias. Porque dada la tradicional inquina de
astures, cántabros y vascones contra los
visigodos, sólo una leyenda posterior pudo
hacer rey de Asturias a un Pelayo visigodo.
Cabe anotar que Pelayo, como padre de las
siete Pléyades o estrellas de la constelación así
llamada, es otro nombre del gigante
Atlas, y aquí tenemos otro mítico
personaje de pura cepa española.
Por la otra parte, la Estrella
Solar es la que creó el mundo y dio
origen a la vida, según la creencia
de nuestros antepasados más
remotos, en un lugar muy
concreto.
4
Una replica di quel luogo primigenio, dopo
essere stato “annegato” l’originale, era a San
Bizente de Labarzera o Alabarzera,
castiglianizato come della Barquera
(Cantabria) che, se fosse maschile,
“Barquero” (barcaiolo), ci ricorderebbe
“Caronte”, o al non meno celebre
“San Cristoforo”, ambedue presti per
aiutare nel passaggio “all’altra riva”,
dopo il cammino della vita e, come
no, lo stesso San Pietro, con le chiavi
del Regno dei cieli.
Un’altra prova cha avalla le nostre
affermazioni è quella grande conchiglia che c’è
in ogni chiesa come pila battesimale, o la sua
imitazione in pietra o marmo, così come che
una conchiglia continui a essere l’istrumento
per il rito. D’altra parte, perfino gli stessi
Vangeli danno fede del battesimo come
anteriore a Gesù Cristo.
E, a giorno di oggi, anche ci sono delle
prove archeologiche, la più
importante, senza dubbio,
quella di un “Camposanto”
che lo tsunami del 2
febbraio 2014 fecce
affiorare a San Bizente de
Labarzera.
In effetti, Jorge María
Ribero-Meneses, (autore
che ispira questo mio
scritto) potette rincontrare
migliaia di teste scolpite in
sassi o in delle ossa
fossilizzate che erano
offerte come ex voti in
certo luogo sacro
posteriormente invaso dal mare. Le ceppaie
degli alberi che
altrove coprivano
quella superficie,
ancora rimangono
nel luogo e,
dall’analisi del suo
legno si potrà datare
l’antichità del
giacimento, il quale si
estima in decine, se
non centine di migliaia di anni.
Una réplica de aquel lugar primigenio,
tras haberse “anegado” el original, estaba en
San Bizente de Labarzera o
Alabarzera, castellanizado como de la
Barquera (Cantabria) que, si fuera
masculino, “Barquero”, nos
recordaría a “Caronte”, o al no
menos célebre “San Cristóbal”, listos
ambos para ayudar en el pasaje a la
“otra orilla”, tras el camino de la vida
y, cómo no, al mismo San Pedro, con
las llaves del Reino de los cielos.
Otra prueba que avala nuestras
afirmaciones es esa gran concha que hay en
todas las iglesias como pila bautismal, o su
imitación en piedra o mármol, así como que
una concha siga siendo el instrumento para el
rito. Por otra parte, hasta los mismos
evangelios dan fe del bautismo como anterior a
Jesucristo.
Y, a día de hoy, también hay pruebas
arqueológicas, la más importante
sin duda la de un
“Camposanto” que el
tsunami del 2 de febrero
del 2014 hizo aflorar en
San Bizente de
Labarzera.
En efecto, Jorge
María Ribero-Meneses
(autor que inspira este
escrito), pudo encontrar
millares de cabezas
esculpidas en guijarros o
en huesos fosilizados que
eran ofrecidas como
exvotos en cierto lugar
sacro invadido
posteriormente por el
mar. Los tocones de los
árboles que antaño
cubrían aquella superficie,
aún permanecen en el
lugar y, del análisis de su
madera se podrá datar la
antigüedad del
yacimiento, que ya se
estima en decenas, si no
en centenas de millares de años.
5
D’altra parte, se la ragione degli antichi
pellegrinaggi era di arrivare dove si supponeva
erano le acque sacre per -vecchi, paralizzati,
ammalati o nauseati della vita- purificarsi prima
di morire, s’intuisce che l’Attuale Santiago di
Compostela non sia il luogo autentico, poiché
non sta nel “Finis terre” né sta nella riva.
Devo avvertire che, come chi conosce la
musica ma non la lettera della tavola a
moltiplicare, da molti anni fa avevo io oscure
idee sull’antica origine del Camino di Santiago.
Adesso, grazie a Jorge María, già conosco
qualcosa di più sulla “lettera” e, benché a chi mi
a insegnato queste cose gli si tacci di pazzo o
eterodosso, io non posso lasciare di mostragli la
mia gratitudine. Seguo:
Che importa però un San Vicente de la
Barquera di un Santiago de Compostela?
Forse non importerebbe tanto, se non
fosse per l’effetto “letale” che si pretendeva e
che si riuscì a fare con un inganno propiziato
sopra tutto dal famoso Vescovo Diego Gelmírez
chi, da forma arbitraria, se non fraudolenta,
s’inventò non so se la tomba del Apostolo
Santiago, ma certamente il suo Cammino,
lasciando alla posterità sommersa nell’oscuro
mistero che celava la sua reale entità e origine.
Perché si possono trovare discolpe, ma ecco
che là c’è l’obblio, se non fosse stato già da
molto prima, dopo il genocidio e la distruzione
fatti de Roma in Spagna.
E, da Santiago, andiamo a Belén
(Betlemme), che anche è parte del
cammino di approssimazione al
corpo del delitto.
Come se volesse fare revisione
della storia, il Papa Benedetto XVI ha
venuto a avallare, in modo indiretto -
e forse incosciente, che io non lo so-,
che il “Camino de Santiago” esiste,
non dal secolo XII, ma almeno dal
tempo dei “Re Magi”. Eco quello che
ha scritto nel suo libro “Gesù di
Nazareth”:
“La promessa contenuta in questi testi
(evangelici) allunga la provenienza di questi
uomini (I Re magi) fino allo stremo Occidente:
Tarsis, Tartessos, in Spagna”.
Por otra parte, si la razón de las
antiquísimas peregrinaciones era la de llegar a
lo que suponían aguas sagradas para -viejos,
paralíticos, enfermos o cansados de vivir-
purificarse antes de morir, se intuye que el
Actual Santiago de Compostela no es el lugar
auténtico, pues ni está en “Finisterre” ni está en
el litoral.
Debo advertir que, como quien conoce la
música pero no la letra de la tabla de
multiplicar, desde hacía muchos años tenía yo
oscuras noticias sobre el antiguo origen del
Camino de Santiago. Ahora, gracias a Jorge
María, sé algo más de “la letra” y, aunque a
quien me ha enseñado estas cosas se le tache
de loco o heterodoxo, yo no puedo dejar de
mostrarle mi gratitud. Sigo:
Pero, ¿qué más da un San Vicente de la
Barquera que un Santiago de Compostela?
Pues tal vez diera lo mismo, si no fuera
por el efecto “letal” que se pretendía y que se
logró con un engaño propiciado sobre todo por
el famoso Obispo Diego Gelmírez quien, de
forma arbitraria, si no fraudulenta, se inventó
no sé si la tumba del Apóstol Santiago, pero sí
su Camino, dejando a la posteridad sumida en
el oscuro misterio que celaba su real entidad y
origen. Porque se pueden buscar disculpas,
pero el olvido ahí está, si es que no estaba ya
desde mucho antes, tras el genocidio y
destrucción perpetrados por Roma en España.
Y, de Santiago, vamos a Belén, que
también es parte del camino de
aproximación al cuerpo del delito:
Como si quisiera revisar la
historia, el papa Benedicto XVI ha
venido a avalar, de forma indirecta
-y tal vez inconsciente, que yo no lo
sé-, que el “Camino de Santiago”
existe, no desde el s. XII, sino al
menos desde el tiempo de los
“Reyes Magos”. He aquí lo que
escribe en su libro “Jesús de
Nazaret”:
“La promesa contenida en estos textos
(evangélicos) extiende la proveniencia de estos
hombres (los Reyes Magos) hasta el extremo
Occidente: Tarsis, Tartessos, en España”.
6
Conosciute i pellegrinaggi
al ”Campo-Astella”, dove
l’Astro o Stella generasse la
mitica Venus, sentire che i Re
Magi vengono della Spagna
(guidati dalla Stalla), ci porta a
pensare che questi Re formino
parte del mito spagnolo. E com’era spagnolo!
Per quanto i Re non esistono en nessun’altra
parte del mondo, salvo la Spagna e
L’Ispanoamerica. Nemmeno negli Evangeli.
Perché San Matteo parla dei “Sagi” o “Magi”,
ma per niente dei “Re”.
Soltanto che i nostri “Re Magi” non
provenivano dalla
Spagna, ma andavano
come pellegrini a qualche
Belén della Spagna, che
non a quel di Palestina.
Per questo continuano ad
essere i bambini spagnoli
e ispanoamericani, e non
quelli di Palestina né
quelli del resto del
mondo mondiale, coloro che scrivono le sue
lettere a queste “Sue Maestà”. Gli altri
s’intendono con Santa Klaus, Papà Noel o la
Befana, ma dei Re, forse in questi tempi di
globalizzazione incomincino ad avere una certa
idea. E coste che non serve la reciproca, perché
ancora ricordo “l’aguinaldo” che, per San Nicola
domandavamo i ragazzi nel mio paese,
Torresandino.
Ed è che negli altri paesi, il 6 Gennaio non
celebrano i Re Magi, ma “L’Epifania”, un nome
che, in Spagna, con l’eccezione dei preti e
qualche catechista, nessuno sa che cosa possa
significare. Poiché in Spagna la gente non
celebra la “Manifestazione” del Signore -che
questo significa Epifania, e di qua la Befana
italiana-, ma continua a festegiare, per inerzia
storica, il Nacimiento (la Nascita) della vita,
concretizzata, come già è stato insinuato, nella
mitica Ballanzia, Minerva, Venus, Palas, Atenea,
Azina, Zibeles…, che tutti questi nomi ha. Non
per niente radicò in Spagna l’abitudine -dai
tempi di Carlo III- di celebrare la Pasqua
militare, lo stesso 6 Gennaio, con il precettivo
omaggio ai re e al Governo Spagnolo.
Conocidas las
peregrinaciones al “Campo-
Astella”, donde el Astro o Estrella
generara a la mítica Venus, oír
que los Reyes Magos vienen de
España (guiados por la Estrella),
nos lleva a pensar que tales Reyes forman
parte de un mito español. ¡Y vaya si es español!
Como que los Reyes no existen en ninguna otra
parte del mundo, salvo en España e
Hispanoamérica. Ni siquiera en los Evangelios;
porque San Mateo habla de unos “Sabios” o
“Magos”, pero nada de “Reyes”.
Sólo que nuestros “Reyes Magos” no
provenían de España,
sino que iban
peregrinos a algún
Belén de España, que
no al de Palestina. Por
eso siguen siendo los
niños españoles e
hispanoamericanos, y
no los de Palestina ni
los del resto del mundo
mundial, quienes escriben sus cartas a estas
“Sus Majestades”. Los otros se entienden con
Santa Klaus, Papá Noel o la Befana, pero de los
Reyes, tal vez en estos tiempos de globalización
empiecen a tener alguna idea. Y conste que no
vale la recíproca, porque aún recuerdo el
aguinaldo que, por san Nicolás, pedíamos los
niños en mi pueblo, Torresandino.
Y es que, en los demás países, el 6 de
enero no celebran los Reyes Magos, sino “La
Epifanía”, un nombre que, en España, salvo los
curas y algún que otro u otra catequista, nadie
sabe qué pueda significar. Porque en España la
gente no celebraba la “Manifestación” del Señor
-que eso significa Epifanía, y de aquí la Befana
italiana-, sino que sigue festejando, por inercia
histórica, el “Nacimiento” de la vida,
concretizada, como ya hemos insinuado, en la
mítica Ballanzia, Minerva, Venus, Palas, Atenea,
Azina, Zibeles…, que todos estos nombres
tiene. No por nada arraigó en España la
costumbre -desde tiempos de Carlos III- de
celebrar la Pascua militar, el mismo 6 de enero,
con el preceptivo homenaje a los reyes y al
gobierno español.
7
Quando la Santa Madre Chiesa ci ha fatto
dimenticare queste cose -l'ho detto tante volte-,
ha attuato come chi introduce in casa nostra il
bambino Gesù e butta dalla finestra l’inquilino.
Dunque, Santa Madre, questo non sta bene;
questo è un crimine. Non sarebbe stato meglio
santificare l’Antico Testamento spagnolo, come
si santificò qualcun altro? Non si poteva avere
fatto “Ecumenismo testamentario” in Spagna?
Poiché qui io non parlo della Cina. Continuiamo
però sulle tracce che provano il crimine:
Curiosamente, da Zibeles > Cibeles deriva
chavala (quasi celibe) che, secondo alcuna vec-
chia cronaca, è come i zingari chiamavano l’Eva
del mito giudaico. Cioè, che seguiamo puntando
il luogo primigenio che vide nascere l’umanità.
Notare anche la relazione tra il nome di
Zibeles > Cibeles, e la arena, sabbia o sable (in
spagnolo, italiano e francese) della spiaggia
dove nacque la mitica mogie e, con essa, la
civitas, la città, la civilizzazione… e la sapienza.
Di qua che la Palas Azines o Atenea, fosse a
dea greca della Sapienza, con patronato sulle
arti.
E perché sarà che nel centro
della Spagna, a Madrid, la
Cibeles ha il più bel monumento
del mondo a lei eretto? Ecco
un’altra prova dell’atavica
devozione a questa moglie
mitica del popolo spagnolo.
E perché fu la Spagna -e soltanto la
Spagna- quella creò un’Impero Cattolico e
civilizzò tutto un continente soltanto in 300
anni, a base di creare città nelle quali
s’integrava tutta classe di genti sotto il dominio
della Legge, nella convinzione
dell’unità morale del genero umano?
Ebbene, perché “buon sangue
non mente”, che ci sono cose che non
s’improvvisano dalla notte alla mattina.
Nel mio scritto “Quando
l’ignoranza è virtù”, do ragione di
alcune di queste cose. Devo però
annotare che, se i miei pregiudizi mi
portarono a considerare che l’impulso
civilizzatore della Spagna in America
era frutto dell’eredità romana, oggi do-
Haciéndonos olvidar estas cosas, la Santa
Madre Iglesia actuó -lo he dicho muchas veces-
como quien mete en nuestra casa al Niño Jesús
y tira al inquilino por la ventana. Pues eso no
está bien, Santa Madre; es un crimen. ¿No
habría sido mejor santificar el Antiguo
Testamento español, como se santificó algún
otro? ¿No se podía haber hecho “ecumenismo
testamentario” en España? Porque aquí yo no
hablo de la China. Pero sigamos rastreando
más pruebas del crimen:
Curiosamente, de Zibeles > Cibeles deriva
chavala (casi célibe) que, según alguna crónica
vieja, es como los gitanos llamaban a la Eva del
mito judío. O sea, que seguimos apuntando al
lugar primigenio que vio nacer a la humanidad.
Notar también la relación entre el nombre
de Zibeles > Cibeles, y la arena de la playa,
sabbia o sable (en italiano y francés) donde
nació la mítica primera mujer y, con ella, la
civitas, la ciudad, la civilización… y la sabiduría.
De ahí que la Palas Azines o Atenea, fuera la
diosa griega de la Sabiduría, con patrocinio
sobre las artes.
¿Y por qué será que en el
centro de España, en Madrid, la
Cibeles tiene el más hermoso
monumento del mundo a ella
erigido? He ahí otra prueba de la
atávica devoción a esta mítica
mujer del pueblo español.
¿Y por qué fue España -y sólo España- la
que creó un Imperio Católico y civilizó todo un
continente en tan solo 300 años, a base de
crear ciudades en las que se integraba toda
clase de gentes bajo el dominio de la Ley, en la
convicción de la unidad moral del
género humano?
Pues porque “de casta le
viene al galgo”, que hay cosas
que no se improvisan de la noche
a la mañana.
En mi escrito “Cuando la
ignorancia es virtud”, doy razón
de algunas de estas cosas. Pero
debo anotar que, si mis prejuicios
me llevaron a considerar que el
impulso civilizador de España en
8
vrei rettificare, perché la cosa è proprio al
rovescio. In realtà, Roma si comportò in
Spagna come chi vuole insegnare a suo padre
a fare dei figli o al vasaio dei vasi. Mentre pe-
rò la Spagna seminava libertà, Roma ripartiva
schiavitù, e non soltanto distrusse, ma iniziò
il maggiore processo di amnesia che videro i se-
coli; mettete fine a una trasmissione multi mil-
lenaria con la tragica conseguenza di cancellare
la memoria storica di tutta l’umanità, fino a fare
quasi impossibile di tornare a
ricuperarla. Torniamo alla Cibele:
Per certo che, degno esempio
per altre mille, nella città di Messico
c’è una riproduzione esatta della
Cibele madrilegna. Perché?
Ebbene perché, sebbene non
manchino messicani “ben nati” che
“amano” la Spagna come alla “madre che ci
partorì”, che questo dicono alcuni, nessuno può
rinunciare alla genetica. Sparirebbe della map-
pa, proprio quello che volevano -e continuano a
volere- con voi, cari ispanoamericani, i vostri
“liberatori”: Atomizzare, disgregare, annullare.
E approfitto la disgiuntiva per tornare all’idea
iniziale di questo racconto:
Si continua a parlar della “distruzione
delle Indie” e si segnala agli spagnoli, però
nessuno dice che, proprio quelli che segnalano
con il dito, furono coloro che distrussero e
annichilarono.
Chi domanderà perdono alla Spagna per
tante calunnie in contro suo?
Per il contrario, Roma passò alla storia
come civilizzata e civilizzatrice benché, se
avesse individuato il registro toponimico, che
si è rivelato come
il codice genetico
della storia de
l’umanità -che
qualcuno è stato
capace di
decifrare-, perfino
i monti avrebbero
rovinato gli uni…
o l’avrebbero -gli
altri- dichiarati
eretici. Santa Madre Chiesa Romana! Santo Dio!
América era fruto de la herencia romana,
hoy debería rectificar, porque es justo al
revés. En realidad, Roma se comportó en
España como quien quiere enseñar a su
padre a hacer hijos, o al botijero botijos.
Pero mientras España sembraba libertad,
Roma repartía esclavitud, y no sólo destruyó si-
no que inició el mayor proceso de amnesia que
vieron los siglos; puso fin a una trasmisión cul-
tural multimilenaria con la trágica consecuencia
de borrar la memoria histórica
de toda la humanidad, hasta
hacer casi imposible volverla a
recuperar. Volvamos a la
Cibeles:
Por cierto que, digno
ejemplo para otras mil, en
Méjico ciudad hay una
reproducción exacta de la
Cibeles madrileña. ¿Por qué?
Pues porque, aunque no faltan mejicanos
“bien nacidos” que “aman” a España como a “la
madre que nos parió”, que dicen algunos, nadie
puede renunciar a la genética. Desaparecería
del mapa, justo lo que querían -y siguen
queriendo- hacer con vosotros, queridos
hispanoamericanos, vuestros “liberadores”:
Atomizar, disgregar y anular. Y aprovecho la
disyuntiva para volver a la idea inicial de este
relato:
Se sigue hablando de la “destrucción de
las Indias” y se señala a los españoles, pero
nadie dice que, justo los que señalan con el
dedo, fueron los que destruyeron y aniquilaron.
¿Quién pedirá perdón a España por tantas
calumnias en su contra?
Por el contrario,
Roma pasó a la historia
como civilizada y
civilizadora aunque, si
hubiera detectado el
registro toponímico, que
se ha revelado como el código genético de
la historia de la humanidad -que alguien
ha sido capaz de desentrañar-, hasta los
montes habrían arrasado unos… o los
habrían -otros- declarado herejes. ¡Santa
Madre Iglesia Romana! ¡Santo Dios!
9
Ma se Dio non risponde, e per questo al-
cuni dicono che non esiste, che cosa potremmo
pensare il resto da una Chiesa che tace?
Aggiungerò, in onore dell’autore che l’ha
scoperto, che forse quel della linguistica sia
l’unico metodo fidabile di approssimazione alla
storia, tante volte tramessa, e anche scritta,
dalla convenienza o il rammendo
politico da ogni momento storico.
Continuiamo però il nostro
cammino, che dobbiamo arrivare
a Belén, perché altrimenti, chi
canterà nel presepio se
nessun’altro, salvo gli spagnoli, sa
che cosa sia un “villancico”?
A quello già segnalato si deve aggiungere
l’ingente quantità di toponimi spagnoli
relazionati con Belén. Ad esempio: Belén (in
Cáceres, León, Portogallo, Ispanoamerica…),
Bailén, Valencia, Palencia, Palatino, valles e
villas, polis e polas, Valle de Polaziones (vicino
a Liébana), Beleño, Belonzio, Belanga,
(¿Berlanga?), Beloña…
Da tutto questo s’inferisce che il
Betlemme palestino dove San Matteo situa la
nascita di Cristo è una copia che, come tutte le
altre, ci rimanda al luogo primigenio dove si
supponeva era caduto il seme di Dio per dare
origine all’umanità.
Perché ci vuole avere conto che anche
Belén deriva di Ballanzia, il primigenio nome
della mitica prima moglie nata nella barnagla,
secondo questo schema: Ballanzia > Balencia >
Belén, come anche l’ateniese Palla > Palas o
Políada, cioè, Palas Atenea, la stessa
protagonista del primigenio Belén.
Benché però San Matteo
traslatasse dal Nord della Spagna
al Belén palestinese il destino dei
“Saggi di Oriente” (Mt 2,1ss), e
tutti credono che lo scopo del suo
viaggio era il detto piccolo paese
di Palestina, il racconto affonda le
sue radici nella più remota
antichità cantabrica e da ragione
dei pellegrinaggi al Compostela
asturiano-cantabrico, dove l’Astro o Stella
Solare aveva dato origine alla vita.
Pero si Dios no responde, y por eso
algunos dicen que no existe, ¿qué podremos
pensar el resto de una Iglesia que calla?
Añadiré, en honor del autor que lo
descubrió, que tal vez el de la lingüística sea el
único método fiable de aproximación a la
historia, tantas veces transmitida, e incluso
escrita, desde la conveniencia o el apaño
político de cada momento histórico.
Pero sigamos nuestro cami-
no, que debemos llegar a Belén
porque, si no, ¿quién cantará en el
portal si nadie, salvo los españoles,
sabe qué es un villancico?
A lo ya dicho hay que añadir la
ingente cantidad de topónimos
españoles relacionados con Belén. Por ejemplo:
Belén (en Cáceres, León, Portugal,
Hispanoamérica…), Bailén, Valencia, Palencia,
Palatino, valles y villas, polis y polas, Valle de
Polaziones (cerca de Liébana), Beleño,
Belonzio, Belanga, (¿Berlanga?), Beloña…
De esto se infiere que el Bethlehem
palestino donde San Mateo sitúa el nacimiento
de Cristo es una copia que, como las demás,
nos remite al lugar primigenio donde se suponía
que había caído el semen de Dios para dar
origen a la humanidad.
Porque hay que tener en cuenta que
también Belén deriva de Ballanzia, el primigenio
nombre de la mítica primera mujer nacida en la
barnagla, según este esquema: Ballanzia >
Balencia > Belén, como también la ateniense
Palla > Palas o Políada, o sea, Palas Atenea, la
misma protagonista del primigenio Belén.
Pero aunque San Mateo
trasladara del norte de España
al Belén palestino el destino
de los “Sabios de Oriente” (Mt
2,1ss), y todos creen que el
objetivo de su viaje era dicho
pueblo de Palestina, el relato
hunde sus raíces en la más
remota antigüedad cántabra
y da razón de las
peregrinaciones al
Compostela asturiano-cántabro donde el Astro
o Estrella Solar había dado origen a la vida.
10
Questo vuole dire che, se nell’attualità il
beleni (presepi) sono il marco scenico
dove si rappresenta la
nascita di Cristo, nel
nostro “Antico Testa-
mento” rappresentava-
no la nascita della vita,
concretizzata nella
mitica moglie-dea
Ballanzia, Minerva,
Venus, Palas Atenea…
Diciamo, infine, a
discarico di San Matteo, che il suo equivoco si è
dovuto al fatto che il nome di Palestina -come
anche quel di Filistea- risponde letteralmente a
quel di Palas Atenea ed è chiaro: nel momento
che localizzò là vicino il paese di Belén, là
sistemò il Portalo (presepio) o, quello che è lo
stesso, aprì la Porta per la quale fece entrare il
Bambino Gesù, benché a spese che qualcuno
buttare dalla finestra alla nostra Ballanzia
veterotestamentaria. Ecco il crimine! Poiché
come Adamo ed Eva, quello che la nostra mitica
moglie necessitava era redenzione, non la pena
di morte esecutata nell’oblio.
Comunque, piuttosto che un equivoco a
discolpare, il caso di Matteo, in quanto tale, è
un chiaro esempio di genialità a
ringraziare. Perché?
Ebbene, perché fu un modo di
confrontarsi ai capetti giudei che,
investiti di autorità -e di
arbitrarietà- decidevano quale
racconto era puro mito e qual altro
no, o quale fosse vero e quale
falso, quale verità e quale bugia,
quale valido e laudabile e quale invalido e
condannabile; capetti con autorità -e
arbitrarietà- per decidere condannare un
innocente come fu il caso di Gesù…
E dico che il mito intorno all’infanzia di
Gesù di San Matteo fu una genialità perché fu
un modo di dire a tanto capetti che c’erano altri
più capaci di loro, benché senza tanta autorità
ne capacità arbitraria, per creare miti a favore
dell’innocente che avevano portato in croce –
salvo che questo anche sia mito, perdona Jorge
Maria-, e incluso per creare una religione
intorno allo stesso che avevano condannato.
O sea que, si en la actualidad los belenes
son el marco escénico donde se representa el
nacimiento de Cristo, en
nuestro “Antiguo Testa-
mento” representaban el
nacimiento de la vida,
concretizada en la mítica
mujer-diosa Ballanzia,
Minerva, Venus, Palas
Atenea…
Digamos en fin, en
descargo de San Mateo, que su
equívoco se debió a que el nombre de Palestina
-lo mismo que el de Filistea- responde
literalmente al de Palas Atenea y, claro, en
cuanto localizó por allí cerca el pueblo de Belén,
allá instaló el Portal o, lo que es lo mismo, abrió
la Puerta por la que nos coló al Niño Jesús, aun
a costa de que alguien lanzara por la ventana a
nuestra Ballanzia veterotestamentaria. ¡El
crimen! Porque, como Adán y Eva, lo que
nuestra mítica mujer necesitaba era redención,
no la pena de muerte ejecutada en el olvido.
Pero cabe reconocer que, más que un
equívoco a disculpar, el caso de Mateo, en
cuanto tal, es un ejemplo de genialidad a
agradecer. ¿Por qué?
Pues porque fue un modo
de enfrentarse a los capitostes
judíos que, investidos de
autoridad -y de arbitrariedad-
decidían qué relato era puro
mito y qué otro no, o qué fuera
verdadero y qué falso, qué
verdad y qué mentira, qué
válido y laudable y qué inválido
y condenable; capitostes con autoridad -y
arbitrariedad- para decidir condenar a un
inocente como fue el caso de Jesús…
Y digo que el mito en torno a la infancia
de Jesús de San Matero fue una genialidad
porque fue un modo de decir a tanto capitoste
que había otros más capaces que ellos, aun sin
tanta autoridad ni capacidad arbitraria, para
crear mitos a favor del inocente que habían
llevado a la cruz -salvo que esto también sea
un mito, perdona Jorge María-, e incluso para
crear una religión en torno al mismo a quien
habían condenado.
11
Peccato che la Chiesa, nella società che lo
stesso Matteo propiziasse, anche si eressero
capetti capaci di serrare le file intorno a se
stessi, alle sue leggi, alle sue discipline; capaci
di promettersi obbedienza gli uni gli altri per
dimenticare di obbedire Dio; freschi a
dogmatizzare, a giudicare e a condannare
secondo il suo criterio o quel dei suoi interessi,
lasciando da parte il previo giudizio di Dio;
capetti, nel nostro caso, inventori di “bugie
pietose” o supposte verità per nascondere, tra
altre, la verità storica.
Mi dispiace, ma una bugia è sempre una
bugia e, né con lo Spirito Santo sopra la
Madonna e gli Apostoli, questo tipo di arte può
essere d’ispirazione divina. Benché sia a baci,
un assassinato sempre è un assassinato e, per
quanto si riferisce alla nostra tematica, per
molto laudabile che possa essere avere
consacrato il mito del Belén cristiano,
reprensibile è avere sotterrato le
fonti che lo hanno originato.
E, se “dove le danno, le
prendono”, ecco perché anche
Mohamed si sentì autorizzato per
inventare una religione, a spese dei giudei e dei
cristiani. Comunque, credo che questo caso sia
un po’ diverso di quel di Matteo, poiché mentre
l’uno cercava la liberazione della “Legge”, l’altro
cercava, e riuscì a imporre una schiavitù ancora
più accentuata, se possibile. Peccato, che
queste cose non siano privative dell’islam e del
giudaismo; perché potrei mettere alcuni esempi
di certi “ministri” della Santa Chiesa -con nome
e cognome- che usano del suo “ministero”
piuttosto per soggiogare che per servire. Per
questo non è raro che anche ci siano coloro
che seguano il riferito proverbio e dicano:
“Amico, se tu ti senti libero per il despo-
tismo, io mi sento libero per prescindere dei
tuoi servici, e per calpestare serpenti e
scorpioni, proprio quello che tu sei dall’ar-
bitrarietà”. Una libertà questa abbastanza
difficile in altri ambiti a dispetto che Dio
abbia creato l’uomo non “sottomesso”, ma
libero. Torniamo però al nostro assunto,
poiché ancora dobbiamo tentare di arrivare
al primigenio Belén, il luogo proprio dove si
celebrò la primigenia Natività.
Lástima que en la Iglesia, la sociedad que
el mismo San Mateo propiciara, también se
erigieran capitostes capaces de cerrar filas en
torno a sí mismos, a sus leyes, a sus
disciplinas; capaces de prometerse obediencia
unos a otros para olvidar obedecer a Dios;
listos a dogmatizar, a juzgar y a condenar
según su criterio o el de sus intereses,
ladeando el previo juicio de Dios; capitostes, en
nuestro caso, inventores de “mentiras
piadosas” o supuestas verdades para esconder,
entre otras, la verdad histórica.
Pues lo siento, pero una mentira es
siempre una mentira y, ni con el Espíritu Santo
sobre la Virgen y los Apóstoles, este tipo de
arte puede ser de inspiración divina. Aunque
sea a besos, un asesinato siempre es un
asesinato y, en lo referente a nuestro tema, por
muy laudable que pueda ser haber consagrado
el mito del Belén cristiano, reprensible es haber
soterrado las fuentes que lo originaron.
Y, si “donde las dan, las
toman”, he ahí por qué Mahoma se
sintió autorizado a inventarse una
religión, a costa de judíos y cristianos.
Con todo, creo que este caso es algo
distinto del de Mateo porque, mientras el uno
buscaba la liberación de la “Ley”, el otro
buscaba, y logró, una esclavitud más
acentuada, si cabe. Lástima que estas cosas no
sean privativas del islam y del judaísmo; porque
podría poner algunos ejemplos de ciertos
“ministros” de la Santa Iglesia -con nombres y
apellidos- que utilizan su “ministerio” más para
avasallar que para servir. Por eso no es raro
que haya quien siga el referido refrán y diga:
“Amigo, si tú te sientes libre para el
despotismo, yo me siento libre para
prescindir de tus servicios, y para
pisotear serpientes y escorpiones,
justo lo que tú eres desde la
arbitrariedad”. Una libertad, ésta,
harto difícil en otros ámbitos, pese a
que Dios no ha creado al hombre
“sumiso”, sino libre. Pero volvamos
a nuestro asunto, porque aún
hemos de tentar llegar al primigenio
Belén, justo donde se celebró la
primigenia Navidad:
12
Da quanto segnalato si faceva eco il
monastero di Silos o Azillos (Burgos), poiché
durante il Medioevo era chiamato la “Domus
Seminis” (“Casa o Morada del Semen”), e adeso
mi sono accorto perché gli si chiamò silo a quel
grande deposito di grano
del mio paese, una
domanda che nessuno
sapeva rispondermi nella
mia infanzia. Peccato che
questa benedetta parola
da radice così antica
come la vita stessa sia
stata profanata per
designare i nuovi luoghi
dove si occultano i missili
della morte.
Per certo che Azillos, en basco, anche
significa seme.
Tutto, infine ci porta alla Cibeles della
barnagla, alla civilizada Azenea > Atenea, ecc.
Perché anche il nome di Atena è una
variante di Azena, cioè, che Atena era un’altra
“Città del seme di Dio”, replica di quella di
Burgos, come anche questa lo era della
primigenia Silos dell’Atlantide, e presto si verrà
perché facciamo quest’affermazione:
Abbondando nello stesso, e per dare
ragione di esso, dire che nel intorno del
monastero di Silos ci sono diversi luoghi che si
chiamano Azeña (mulino), addirittura della villa
di Azinas e, secondo Jorge María, la acropoli
sicuramente più antica ed estraordinaria del
Pianeta: Quella della Rupe Karazo o “Alto de
San Carlos o de la MIRAndilla”,
la KONtrebia
celtiberica dalla
quale ci sono vestigi
di uno suo antico
nome, Azilloz, senza
mancare, a suo
fianco, l’opportuno
eremo dedicato alla
“Virgen del Sol”
(Madonna del Sole).
Più lontano -in
Grecia- c’è Atena, o Azenai, cioè che, sebbene i
greci anche lo abbiano dimenticato la sua
capitale continua a essere “città del seme”.
De cuanto se ha señalado se hacía eco el
monasterio de Silos o Azillos (Burgos), por
cuanto en la Edad Media era llamado “Domus
Seminis” (“Casa o Morada del Semen”), y acabo
de enterarme por qué se le llamó silo a aquel
gran almacén de
grano de mi pueblo,
algo que nadie me
supo decir en mi
infancia. Lástima que
esta bendita palabra
de raigambre tan
antigua como la vida
misma haya sido
profanada para
designar a los
nuevos lugares
donde se ocultan los misiles de la muerte.
Por cierto que Azillos, en vasco, también
significa semen.
Todo, en fin, nos lleva a la Cibeles de la
barnagla, a la civilizada Azenea > Atenea, etc.
Porque también el nombre de Atenas es
una variante de Azena, o sea, que Atenas era
otra “Ciudad del Semen de Dios”, réplica del
Silos burgalés, lo mismo que ésta lo era de la
primigenia Silos de la Atlántida, y pronto se
verá por qué hacemos esta afirmación:
Abundando en lo mismo, y para dar razón
de ello, decir que en el entorno del monasterio
de Silos hay varios lugares que se llaman Azeña
(molino), amén de la villa de Azinas y, según
Jorge María, la acrópolis seguramente más
antigua y extraordinaria del Planeta: La de Peña
Karazo, “Alto de
San Carlos o de la
MIRAndilla”, la
KONtrebia
celtibérica, de la
que hay vestigios
de su antiguo
nombre, Azilloz, sin
faltar, a su lado, la
oportuna ermita
dedicada a la
Virgen del Sol. Más lejos -en Grecia- está
Atenas, o Azenai, o sea que, aunque también
los griegos lo hayan olvidado, su capital
continúa siendo “ciudad del semen”.
13
In altre parole: Il monastero di Azilos >
Silos, era la versione medievale
dell’antichissima città sacra di Karazo =
KONtrebia = Mirandilla, trovata da Jorge María
nel 1990. Si tratta di un’acropoli che fu la più
importante del Pianeta durante migliaia di anni,
e alla quale il nostro filologo postula come
“indiscutibile Santa Sede” del “cristianismo
preistorico” o, come a me piace dire, del nostro
“Antico Testamento”. Suo nome celtiberico è
KONtrebia Leukada. Merita dirsi che uno escavo
fatto in questa città, diretto dallo stesso Jorge
Maria, fece apparire, a pochi metri di
profondità, industria litica dal paleolitico medio,
tra 150 e 50 mille anni. Un giacimento che
potrebbe essere molto
più importante di
Atapuerca che, a giorno
di oggi è il più
importante del mondo.
Per il momento,
KONtrebia ci rimanda a
Kantabria, prolungazione
orientale di Asturias, e
alla nostra protagonista la
KONcha o Barnagla.
E dove ci rimanda
Leukada?
En otras palabras: El monasterio de Azilos
> Silos, era la versión medieval de la
Antiquísima ciudad Sagrada de Karazo =
KONtrebia = Mirandilla, hallada por Jorge María
en 1990. Se trata de una acrópolis que fue la
más importante del Planeta durante milenios, y
a la que el mismo descubridor postula como
“indiscutible Santa Sede” del “cristianismo
prehistórico” o, como a mí me gusta decir, de
nuestro “Antiguo Testamento”. Su nombre
celtibérico es KONtrebia Leukada. Cabe decir de
ella que una excavación dirigida por el mismo
Jorge María, hizo aparecer, a pocos metros de
profundidad, industria lítica del paleolítico
medio, entre hace 150 y
50 mil años. Un
yacimiento que podría ser
mucho más importante
que el de Atapuerca que,
a día de hoy, es el más
importante del mundo.
De momento,
KONtrebia nos remite a
Kantabria, prolongación
oriental de Asturias, y a
nuestra protagonista la
KONcha o Barnagla.
¿Y a qué nos remite Leukada?
14
Leukada < glauca, significa bianca e latte;
ecco i due principi generatrici della vita. Cioè,
che Leukada era la Città del latte… e del seme.
Leukada ci rimanda a Leuki > Likorea, la
città bianca situata nel Monte Parnaso, che era
riconosciuta come la città più antica del
Pianeta. Repliche del nome di Likorea
rimangono intorno a Liébana, in Cantabria:
Sierra di Ligoria, Picco Liguardi, il paese di
Liguerzana…, toponimi che, curiosamente,
danno ragione del paese dei primigeni liguri,
antecedenti dei greci e romani, come anche
della città di Lugo con il suo muro.
E dove si trovava la città di Leukada >
Leuki > Likorea?
Ebbene, sulla cima dell’Atlantide, oggi
sommersa di fronte al litorale asturiano, circa
60 km. al largo. E già abbiamo arrivato al
primigenio Belén, il luogo che vedesse nascere
la Madre della vita e che, a spese del racconto
di Matteo sulla nascita del Figlio di Dio nel
“Belén giudeo”, il fervore della Chiesa ci fece
dimenticare, insieme al Camino, oltre al mito
che dava ragione di ambedue.
Ebbene, questo non è giusto, e la Santa
Madre Chiesa dovrebbe incominciare ad
accorgersi di esso e domandare perdono. Più
cose, a modo d’illustrazione e complemento:
Sappiamo che Burgos è il “CAPUT
CASTELLAE”, la "CAMERA REGIA" e la
"PRIMA VOCE ET FIDE", cioè: “Capo
di Castiglia”, “Camera del Re” e la
“Prima nella voce e la fede”.
Sappiamo anche che la sua cattedrale
era la più formidabile dell’Europa e, il
suo castello, fino che lo volarono i
francesi nel 1812, il maggiore della
Spagna, se non del Continente.
Leukada < glauca, significa blanca y
leche; he aquí los dos principios generadores
de la vida. O sea, que Leukada era la Ciudad de
la Leche…, y del semen.
Leukada nos remite a Leuki > Likorea, la
ciudad blanca situada en la cumbre del Monte
Parnaso, que era reconocida como la ciudad
más antigua del Planeta. Réplicas del nombre
de Likorea quedan en torno a Liébana, en
Cantabria: Sierra Ligoria, Pico Ligüardi, pueblo
de Ligüerzana…, topónimos que, curiosamente,
dan razón del país de los primigenios ligures,
antepasados de griegos y romanos, y también
de la ciudad de Lugo con su muralla.
Y, ¿dónde estaba la ciudad de Leukada >
Leuki > Likorea?
Pues en la cumbre de la Atlántica, hoy
sumergida frente a las costas asturianas, unos
60 km. mar adentro. Y ya hemos llegado al
primigenio Belén, al lugar que viera nacer a la
Madre de la vida y que, a costa del bello relato
de Mateo sobre el nacimiento del Hijo de Dios
en el “Belén judío”, el fervor de la Iglesia nos
hizo olvidar, junto con el Camino, más el mito
que daba razón de ambos.
Pues eso no está bien, y la Santa Madre
Iglesia ya tendría que empezar a tomar
conciencia de ello y pedir perdón. Más cosas, a
modo de ilustración y complemento:
Sabemos que Burgos es la “CAPUT
CASTELLAE”, la "CAMERA REGIA" e la
"PRIMA VOCE ET FIDE", o sea: “Cabeza
de Castilla”, “Morada del Rey” y la
“Primera en la palabra y en la fe”.
Sabemos también que su catedral era la
más formidable de Europa y, su castillo,
hasta que lo volaron los franceses en
1812, el mayor de España si no del Continente.
15
A che si dovevano gli onori e l’estrema
magnificenza di questa città?
Ebbene, a che
era una replica
della città di
KONtrebia Leukada,
con tutto quello che
significava a livello
politico e religioso.
Così lo testimonia,
ad esempio, la sua
Patrona, Santa Maria la Bianca, replica cristiana
della Ballanzia, Minerva, Venus… che in Burgos
riceve il nome di Flora, curioso nome della
sua prima Patrona, la “Mítica moglie nata
nell’Oceano”. Perché non si deve
associare Flora con i fiori, ma piuttosto
con parole come flotta, flottare, fluire,
“fletar” (noleggiare), affiorare…, tutte
relazionate con il mare. Questo mi porta
a pensare nei fiori come “barnagle” o
conchiglie che l’etimologia lega
all’oceano, e che sono il reclamo perché
in esse affiori la vita, non senza
l’intervento del Astro o Stella solare dall’alto e
dall’acqua del mare da sotto; acqua che, dopo
prodigioso e labirintico anfratto, gli apporta la
stessa pianta. Torniamo però a Burgos:
In questa città anche c’è la Certosa di
“Mira-flores”, nome che si potrebbe leggere
come “Signora del Mare”; per questo Flora è
anche conosciuta come Kristina, e già sappiamo
che Kristos era l’epiteto per antonomasia che
diedero a Gesù, e il cui origine anche è nella
nostra primigenia mitologia, che non nella
giudaica.
Altre copie, come quella di KONtrebia
Leukada burgalesa, senza uscire
della Spagna sono: Alicante, che in
epoca romana ancora era
conosciuta come Akra Leuka
(Roccia Bianca); Luzena, San Lúkar
de Barrameda… nei cui stemmi
figurano le acque sulle quali si
alzavano le “Colonne di Hercule”, e
il torrione di Castiglia, ricordo
dell’antica torre di Babele e simbolo
della città Bianca, e la Stella delle 8
punte che figura l’Astro Re.
¿A qué se debían los honores y la
extrema magnificencia de esta ciudad?
Pues a que
era una réplica de la
ciudad de KONtrebia
Leukada, con todo
lo que significaba a
nivel político y
religioso. Así lo
atestigua, por
ejemplo, su Patrona,
Santa María la Blanca, réplica cristiana de la
Ballanzia, Minerva, Venus… que en Burgos
recibe el nombre de Flora, curioso nombre de
su primera Patrona, la “Mítica
mujer nacida en el Océano”.
Porque no hay que asociar Flora
con las flores, sino con palabras
tales como flota, flotar, fluir, fletar,
aflorar…, todas relacionadas con el
mar. Esto me lleva a pensar en las
flores como conchas o barnaglas
que la etimología liga al océano, y
que son el reclamo para que en ellas
aflore la vida, no sin la intervención
del Astro o Estrella solar desde lo alto y del
agua del mar desde abajo; agua que, tras
prodigioso y laberíntico vericueto, les aporta la
misma plata. Pero volvamos a Burgos:
En esta ciudad también está la Cartuja de
Mira-flores, nombre que se podría leer como
“Señora del Mar”; por eso Flora también era
conocida como Kristina, y ya sabemos que
Kristos era el epíteto por antonomasia que
dieron a Jesús, y cuyo origen también está en
nuestra primigenia mitología, que no en la
judía.
Réplicas como la de KONtrebia
Leukada burgalesa, sin salirnos de
España son: Alicante, que en época
romana aún se conocía como Akra
Leuka (Peña Blanca); Luzena, y San
Lúkar de Barrameda… en cuyos escudos
figuran las aguas sobre las que se
alzaban las “Columnas de Hércules”, y
el torreón de Castilla, recuerdo de la
antigua “Torre de Babel” y símbolo de la
ciudad Blanca, y la Estrella de 8 puntas,
que representa al Astro Rey.
16
Come si dice, “qui non c’è imbroglio né
cartone”. Qui non ci sono delle invenzioni, né
favole, leggende né opinioni. Soltanto toponi-
mia, parole, araldica, logica linguistica e che il
lettore pensi e decida, che niente s’impone.
KONtrebia Leukada anche fu modello per
la stessa Atena, migliaia di anni più moderna, la
cui prima acropoli era situata sul Monte
Lykaion, consacrato a Zeus Lykaios e ad Apolo
Lykeios, rappresentato questo come un lupo
(λύκος), animale così frequente nell’araldica
cantabrica, perso nella greca e scambiato -o
forse non tanto- per una
lupa a Roma.
Come si vede, incluso
il latte della lupa romana,
tutto e bianco latteo, come il
nome dell’originale città di
Leukada nell’isola Tri-Leuki.
Più ancora:
L’isola Tri-Leuki è ricordata nella mitologia
greca con il nome di Leuko-Fris e Kolonas, da
dove deriva il nome de la Koruña, città gallega,
e al quale precede quel di Kolina > Klunia, città
celtibera (nel termine di Koruña del Conde,
Burgos), che sarebbe capitale dell’Ispania
Settentrionale nei tempi dei romani.
Se questo fosse poco, per
patentare che era replica o erede di
altre più antiche, è fiancheggiata da
due popolazioni denominate
Likuerda e Peña Alba de Castro,
replica, questa, dell’Albarnia, che
anche rispose altrove ai nomi di
Ibernia, Bernecia > Venecia.
Como se dice, “aquí no hay trampa ni
cartón”. Aquí no hay inventos, ni fábulas,
leyendas ni opiniones. Sólo toponimia, palabras,
heráldica, lógica lingüística y que el lector
piense y decida, que nada se impone.
KONtrebia Leukada también fue modelo
para la misma Atenas, miles de años más
moderna, cuya primera acrópolis estaba en el
Monte Lykaion, consagrado a Zeus Lykaios y a
Apolo Lykeios, representado éste como un lobo
(λύκος), animal tan frecuente en la heráldica
cántabra, perdido en la griega y confundido -o
tal vez no tanto- con una loba
en Roma.
Come se ve, incluida la
leche de la loba romana, todo es
blanco lácteo, como el nombre
de la original ciudad de Leukeda
en la isla Tri-Leuki. Más aún:
La isla Tri-Leuki es recordada en la
mitología griega con el nombre de Leuko-Fris y
Kolonas, de donde deriva el nombre de La
Koruña, y al que antecede el de Kolina >
Klunia, ciudad celtíbera (en el término de
Koruña del Conde, Burgos), que sería capital de
la Hispania Septentrional en tiempos de los
romanos. Por si fuera poco, para
patentar que era réplica o heredera
de otras más antiguas, está
flanqueada por sendas poblaciones
llamadas Likuerda y Peña Alba de
Castro, réplica, ésta, de otra
Albarnia, en el litoral norteño, que
respondió a los nombres de
Ibernia, Bernecia > Venecia.
17
Kolonas, Koruña, Kolina > Klunia, Koruña
ci ricorda le Colonne di Hercule o di Gaza, dalle
quale vuole essere una replica il “faro coruñés”
di Hercule. Cioè, che l’isola Tri-Leuki fu una
delle Kolinas = Columnas di Hercules, in cui
dintorni nacque la protagonista del primigenio
Belén. Finisco:
Adesso sappiamo, per i vangeli
dell’infanzia, che Gesù, essendo Figlio di Dio,
nasce dalla Vergine Maria pe opera dallo Spirito
Santo. Ebbene: Senza entrare in alte teologie,
sarebbe interessante indagare per sapere un
po’ di più sul padre della risaputa mitica moglie,
una cosa che penso intraprendere in un altro
racconto, se mi fosse possibile.
Per il momento, e dopo tanto discorso
“pagano”, una citazione della lettera di San
Giacomo il Minore:
“Perché così l’ha voluto, il Padre ci ha
generati per mezzo della parola di verità, per
essere una primizia delle sue creature” (Giac 1,
18).
E dico io: Con questa terminologia e
questi concetti così neotestamentari come
prosaici, come vergognarsi di quei che i nostro
Antico Testamento ci trasmessi fino a 2000 anni
fa? Nemmeno oggi si può fare un po’ di dialogo
ecumenico?
È chiaro che nella lettera di san Giacomo
non c’è sperma né latte, ma se non si
sottovaluta la creta o il fango, perché
disistimare altri principio? E se Adamo ed Eva
erano degni di redenzione, potrei concedere
che più redenzione di loro necessitassero l’Astro
re e l’originale Ballanzia, ma
non che fossero rei di morte o
dell’eterno oblio. Ecco “il
corpo del delitto” nel quale la
Chiesa, se non l’agente
principale, almeno fu
collaboratrice necessaria.
NOTA: La “filologia” deo miei scritti è o sta
inspirata in quella di Jorge María Ribero-Meneses.
P.S., nella pagina seguente.
Kolonas, Koruña, Kolina > Klunia, Koruña
nos recuerda las Columnas de Hércules o de
Gaza, de las que quiere ser réplica el faro
coruñés de Hércules. O sea, que la isla Tri-
Leuki fue una de las Kolinas = Columnas de
Hércules, en cuyo entorno nació la Diosa
protagonista del primigenio Belén. Termino:
Ahora sabemos, por los Evangelios de la
infancia, que Jesús, siendo Hijo de Dios, nació
de la Virgen María por obra del Espíritu Santo.
Pues bien: Sin meternos en altas teologías,
sería interesante indagar para saber algo más
sobre el padre de la mítica mujer de marras,
algo que pienso acometer en otro relato, si me
fuera posible.
De momento, y tras tanto discurso
“pagano”, una cita de la carta de Santiago el
Menor:
“Porque así lo quiso, el Padre nos ha
engendrado con la palabra de la verdad, para
que seamos la primicia de sus criaturas” (Sant
1, 18).
Y digo yo: Con esta terminología y estos
conceptos tan neotestamentarios como
prosaicos, ¿cabe avergonzarse de los que
nuestro Antiguo Testamento nos transmitió
hasta hace 2000 años? ¿Ni siquiera hoy cabe un
dialogo ecuménico?
Está claro que en la carta de Santiago no
hay esperma ni leche, pero si no se infravaloró
el barro o el lodo, ¿por qué despreciar otros
principios? Y si Adán y Eva eran dignos de
redención, podría otorgar que más redención
que ellos necesitaran el Astro rey y la original
Ballazia, pero no que fueran
reos de muerte o del eterno
olvido. He ahí “el cuerpo del
delito” en el que la Iglesia, si
no el agente principal, al
menos fue colaboradora
necesaria.
NOTA: La “filología” de mis escritos es o está
inspirada en la de Jorge María Ribero-Meneses.
P.S., en la página siguiente.
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P.S.: Ecco un Apostolo San Giacomo su una placca di oro che si conserva nel museo del Louvre e che mi offre Jorge María a ultima ora, anche con l’opportuna glossa. Osservate la vieira sulla sua testa che lo accredita come tale.
Comunque, addirittura di questo attributo, ci sono altri che il moderno Apostolo ha perso, cioè:
- La torre sulla quale imparte dottrina, e che rappresenta, niente di meno, che il faro della fine del mondo, dal quale si vuole fare ecco la Torre di Ercole della Coruña.
- Il serpente, che rappresenta le temibili onde del mare sulle quali era eretta la tale Torre.
- La rampa -scala?-, che ricorda quella che in forma elicoidale circondava la stessa Torre da basso in alto, perché anche potessero salire le cavallerie, lo quale non scarta altra interiore, come nella Giralda di Sevilla, per scendere.
Devo aggiungere che il personaggio della placa non è identificato come Apostolo San Giacomo, ma come il Preste Giovanni da Abissinia e L’India. Cioè, che anche attraverso il Preste abissino, il nostro Apostolo San Giacomo ci rimanda all’ancestrale Ercole e a Jerion, il nostro primo re mitico. Addirittura, capita che il Jerion ispano era chiamato Joanne Eskotos (come il nostro celebre francescano). Il nome, Joanne, ci rimette ai due Giovanni evangelici, quel che battezzava nel Giordano e quel che morì a Patmos (acqua, in greco, dove galleggiano gli ippopotami), e il cognome, Eskotos, ci rimette agli eskiti, nel cui paese Dio creò la vita e piantò due alberi come monumento ricordativo della creazione di Adamo ed Eva.
Insomma: Tutti questi personaggi se identificano come un ecco del mitico Dio d’Occidente: l’Astro re in versione patriarcale, e tutti loro, come i Re Magi, ci portano in cammino all’originale Santiago de Compostela, al primigenio Belén (presepio) spagnolo.
P.S.: He aquí un Apóstol Santiago sobre una placa de oro que se conserva en el Museo del Louvre y que me ofrece Jorge María a última hora, junto con la oportuna glosa. Observad la vieira sobre su cabeza que lo acredita como tal.
Pero, además de este atributo, hay otros que el moderno Apóstol ha perdido, a saber:
- La torre sobre la que imparte doctrina, la cual representa, ni más ni menos que
el faro del fin del mundo, del que se quiere hacer eco la Torre de Hércules de la Coruña.
- La serpiente, que representa las temibles olas del mar sobre las que tal torre se erigía.
- La rampa -¿escalera?-, que recuerda la que de forma helicoidal circundaba la misma Torre de abajo arriba, para que también pudieran subir las caballerías, lo que no descarta otra interior, como en la giralda de Sevilla, para bajar.
He de añadir que el personaje de la placa no es identificado como el Apóstol Santiago, sino como el Preste Juan de Abisinia y La India. O sea que, también a través del Preste abisinio,
nuestro Apóstol Santiago nos remite, al ancestral Hércules y a Jerión, nuestro primer rey mítico. Además, resulta que el Jerión hispano era llamado Joannes Eskotos (como nuestro célebre franciscano). El nombre, Joannes, nos remite a los Juanes evangélicos, al que bautizaba en el Jordán y al que murió en Patmos (agua, en griego, donde bucean los hipopótamos), y el apellido, Eskotos, nos remite a los eskitas, en cuyo país Dios creó la vida y plantó dos árboles como monumento recordatorio de la creación de Adán y Eva.
En resumen: todos estos personajes se identifican como un mismo eco del mítico Dios de Occidente: el Astro rey en versión patriarcal, y todos ellos, como los Reyes Magos, nos llevan de camino al original Santiago de Compostela, al primigenio Belén español.